Ti svegli, guardi l’orologio… e stai già cercando una scusa per non andare.
Anche se, in teoria, va tutto bene. Lavoro stabile, colleghi ok.
Ma dentro… qualcosa stringe. C’è qualcosa che non torna. E lo senti.
E no — non è pigrizia.
Non è nemmeno burnout, almeno non quello da manuale.
È stanchezza silenziosa.
È come se stessi vivendo la vita di qualcun altro.
E sì, si può spiegare.
Ecco 5 motivi per cui anche un lavoro “normale” può svuotarti dentro —
specialmente quando sei arrivato al punto in cui non vuoi più sopportare stronzate.
1. I soldi non bastano più
Un tempo ti dicevi: “Beh, almeno è stabile. Non mi lamento.”
Ti permetteva di affittare, uscire, respirare un po’.
Ora hai più responsabilità, più compiti, più decisioni…
e lo stipendio? Sempre quello.
Quando ti propongono “nuove sfide”, pensi solo:
“Di nuovo? Per lo stesso stipendio?”
Cosa fare:
Chiediti: “Lo farei anche gratis?”
Se la risposta è “no” — la motivazione è solo economica.
E se neanche un aumento ti motiverebbe… allora il problema è altrove. Vedi punto 5.
2. Ogni giorno è una copia del precedente
Ti alzi, lavori, torni.
Tutto sembra a posto… ma dentro è vuoto.
Niente stimoli, niente orgoglio. Solo una lista di azioni.
E quella voce dentro mormora:
“Questa non è vita. È sopravvivenza.”
Cosa fare:
Non mollare tutto subito.
Forse non è il lavoro, ma la tua testa che ha bisogno di respiro.
Fermati. Cambia routine. Cammina. Disconnettiti.
A volte non serve cambiare lavoro, ma riconnettersi con sé stessi.
3. Nessuno vede i tuoi sforzi
Sbagli? Te lo fanno notare subito.
Salvi una situazione? Silenzio.
E sì, anche noi uomini abbiamo bisogno di sentirci visti —
anche se non lo diciamo ad alta voce.
Cosa fare:
Parlane, con calma.
Tipo: “Mi farebbe piacere sapere come sto andando, così da migliorare.”
Se chi ti guida è una persona seria, capirà.
Se no… hai la tua risposta.
4. Non ti senti parte del gruppo
Nessuno ti esclude, ma neanche ti accoglie davvero.
Le battute non fanno ridere. Le pause caffè sono vuote.
E quando vedi le solite tazze sporche o i commenti dietro le spalle… ti sale la nausea.
Cosa fare:
Chiediti: C’è almeno una persona con cui posso parlare sinceramente?
Anche solo di musica, sport, qualcosa di reale.
Se sì — prova a costruire quel ponte.
Se no — forse sei nel posto sbagliato. E va bene così.
5. Hai sbattuto contro il soffitto
Hai imparato. Ce la fai. Sei diventato bravo.
Ma lo sai già: non c’è un “dopo”.
Nessuna crescita. Nessuna sfida. Nessuna visione.
Non è più carriera. È parcheggio.
Cosa fare:
Chiediti: “Che cosa voglio, davvero?”
Più libertà? Più impatto? Qualcosa di tuo?
Quando trovi la risposta — trovi la direzione.
Fa paura, certo.
Ma restare dove non cresci più… è morire piano.
Un lavoro non deve solo “pagare le bollette”.
Si prende mezza vita da svegli.
Se ti spegne dentro — è un segnale.
Non è debolezza.
È onestà verso te stesso.
Un uomo che si rispetta non si lascia marcire in silenzio.
Si ferma. Riflette. E poi agisce.
Vuoi rispetto?
Comincia da te stesso.